2 novembre: il due novembre abbiamo avuto la messa per i defunti al cimitero latino di Haifa con una bella partecipazione di fedeli. Lì sono sepolti anche alcuni carmelitani e Carmelitane. Trovo anche la tomba del padre Nilo Geagea che ho avuto modo di conoscere una trentina di anni fa in Italia, un padre libanese che aveva studiato in provincia Veneta e che ha scritto anche diverse opere di spiritualità carmelitana, e di mariologia. Il cimitero latino si trova pochi chilometri fuori dal centro di Haifa  ed è all’inizio di quella vallata che poi continuando conduce al sito del nostro antico Monastero che ho modo di visitare l’indomani con Padre Karl di Stella Maris.

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3 novembre saliamo al Monastero di Wadi al Siah di mattina presto per fare dei lavori di manutenzione, per tenere pulito il sito della vegetazione che cresce; e ci sono con noi alcuni operai con scale e motoseghe perché tra i conci delle mura antiche sono intanto cresciuti degli alberi. Ci passiamo l’intera giornata. È un’occasione per godersi il posto il silenzio, il panorama, la vista sul mare, lasciando un po’ di spazio anche all’immaginazione. Resta un posto incantato anche se nel frattempo sulle sommità dei colli sono sorti un villaggio musulmano con due imponenti minareti e sul lato opposto un villaggio ebraico. In una pausa pomeridiana, due volontarie della parrocchia sono venute a portarci una pizza, e con gli operai abbiamo modo di ascoltare un passaggio del tanto atteso discorso di Nasrallah, capo di Hezbollah libanese, da cui si aspetta di capire come potrà evolvere la guerra, se si apriranno nuovi fronti, se gli scontri si inaspriranno, se rischiamo di finire anche noi al centro della battaglia. Il discorso di fatto non è  una chiamata alle armi e pare di capire che in questo momento non interessi allargare il conflitto. Buon per noi che, per quanto riguarda Haifa, forse possiamo guardare avanti con minore preoccupazione.

Del primo convento dei carmelitani sul Monte Carmelo, sono rimaste le mura perimetrali e quelle della chiesa dedicata alla Madre di Dio, vi sono i resti di alcune celle dei monaci, parte di una scala che portava al piano superiore; tutt’oggi vi si trova la fonte d’acqua, soprannominata “la fonte di Elia” che è menzionata all’inizio della Regola Carmelitana:

“Alberto per grazia di Dio chiamato Patriarca latino di Gerusalemme, ai diletti figli in Cristo B. e agli altri eremiti che sotto la sua obbedienza, dimorano presso la fonte sul monte Carmelo: salute nel Signore e benedizione dello Spirito Santo”.

Come potete vedere sono stato nei luoghi dove il nostro Ordine Carmelitano è nato, tutto è molto bello e significativo. Come potete vedere dalle foto è una splendida giornata.

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Fonte inferiore di Elia. Qui si trovavano due vasche smantellate dagli inglesi, mi dice p. Karol, cercherò di verificare. La vasca attuale è di recente realizzazione. Come quella superiore viene utilizzata da ebrei del luogo per bagni rituali (ad esempio il venerdì sera in preparazione allo shabbat).

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E come va con l’arabo? Stiamo parlando di una lingua ritenuta “impossibile”, ma  forse più per tante barriere mentali, diciamo; una lingua è una lingua! un mondo. Ricordo quando l’inglese risultava incomprensibile, non meno dell’arabo. Poi questione di abitudine e di pratica di studio… certo a 60 anni passati è più difficile, ma ce la faremo, non mi spaventa anche se a volte sono preso dal panico, dalla frustrazione, ma la regola qui è pazienza, lavoro, fiducia. La promessa del Signore, di portarmi in Iraq. Ho l’ambizione di parlarlo bene con la sonorità, con la musicalità giusta. Il miracolo può accadere.

Intanto non perdo di vista che tra i miei obiettivi ci sono la Messa in arabo per Natale, che dopo gli entusiasmi iniziali e i miei calcoli sembra un sogno destinato a svanire, ma poi mi rincuoro perché con il passare dei giorni e acquisendo un po’ di familiarità con nuovi vocaboli… anche la Messa, che concelebro ogni giorno in arabo, diventa, sembra diventare, semplice. Ma bisogna mandare a memoria. O almeno leggere bene. Ho i miei sponsor: Sant’ Antonio da Padova, altrimenti perché dovremmo avere venerazione per la lingua del santo? È grazie al clamore suscitato dal furto della reliquia, il 10 ottobre del 1991, che venni a sapere della reliquia … le vie del Signore! così, prima di lasciare l’Italia sono passato a salutare e a raccomandarmi per la lingua …araba.

La basilica del Santo, a Padova
La reliquia

E poi il Bambino di Praga lui ha imparato a parlare la nostra lingua, anche a lui si affidano gli studenti, non ho imbarazzo a chiedere queste cose. … Se l’avessi capito prima, pensavo mentre leggevo la preghiera dello studente del beato fra Luca Belludi, amico fraterno e braccio destro del santo! … Bambino di Praga, dicevamo, allora impegno anche per la coroncina del Bambino di Praga. Non voglio dilungarmi ma, tutto in questo viaggio, in questa missione, va letto come un atto di fede, anche la sfida della lingua. Non posso contare sulle mie abilità, sulla freschezza e sulla agilità della mente e la robustezza della memoria. A mio conforto per ora posso solo contare su un segno di benevolenza che consiste nel non stancarmi di stare seduto per ore a ripetere, ripetere, ripetere. Ci sono come dicevamo le lezioni in presenza e on line, e per quanto riguarda la preparazione alla messa l’aiuto di p. Paco che mi fa da maestro tutte le mattine una mezza oretta a leggere, ripetere, provare e riprovare. Intanto anche le monache si stanno dedicando allo studio della lingua araba anche i padri di Stella Maris, ci stanno mettendo impegno.

19 novembre

19 novembre

-Data l’esiguità e l’insignificanza degli avvenimenti che mi riguardano in questo tempo, sono costretto a raccontare e riflettere su alcune luci che rischiarono il mio cammino attuale di preparazione. Sullo sfondo la geografia, Nazaret, e la cronaca, storia di guerre insensate.

-Ho visto in TV papa Francesco, l’ho sentito dire all’incirca: “abbiamo visto o incontrato questa persona che soffre, questi fatti dolorosi che accadono, ma – commenta il pontefice- mi sono chiesto se io ho pregato per questa persona? Ho pregato perché il Signore le dia forza e la sostenga?” Quanto è seria da questione della preghiera e quanto concreta: seria se crediamo che Dio ci ascolta e concreta se possiamo pregare per cose molto concrete e molto quotidiane, questa persona, questa situazione. La preghiera è fatta di attenzione a tutto ciò che si presenta anche accidentalmente ai nostri occhi, se stiamo con gli occhi aperti, vigilanti, che attendono cioè con attenzione alle cose umili, e basta anche un’ Ave Maria recitata 1,100 1000 volte per la pace, per esempio. Pace che sembra una prospettiva così poco realistica e così poco realistico impetrare con un ave Maria. E invece no! che opportunità e che responsabilità enorme!

-La tentazione è banalizzare la preghiera, un Ave Maria, pensando che serva a poco. Invece no, è infinita, ha un valore infinito. Ma bisogna ricordare cosa è accaduto a Nazareth, cosa significa, una volta per tutte, quell’evento. Se poi questo diventa il nostro pensiero, il nostro modo di pensare, di stare dentro ogni dramma della storia … Quando vediamo qualcosa che turba o disturba anziché fare pensieri, recitiamo un Ave. Entrerebbe la salvezza. Se così facessimo tutti che meraviglia. Oggi avremmo la pace. Per questo è importante non perdere mai occasione per una Ave.

Mi ritorna spesso in mente la visita alla grotta di Nazareth, la chiarezza davanti a quel luogo che la salvezza è per tutti, senza distinzione, il Verbo si è fatto carne, questo riguarda tutti; è  una prospettiva che elimina ogni divisione e gerarchia, è un modo diverso di pensare, e di pregare, lì è evidente: la preghiera è per tutti, è “stare davanti a Dio per tutti”, con tutti.

-Leggendo un giudizio su Bill Gates la persona che ne parlava affermava: “ha un modo diverso di pensare” e questo modo diverso gli ha permesso di diventare l’uomo più ricco del mondo. E noi?  Noi abbiamo il pensiero di Cristo (1 Cor 2,16), lui è il nostro modo diverso, nuovo di pensare, allora perché non cominciamo a pensare in modo nuovo? Avremmo la pace nel mondo.

Sarà per Nazareth, sarà per certe personali convinzioni, ma certamente il ruolo, la presenza di Maria qui sembra ancora più viva e decisiva. Lei lo è, può essere decisiva anche oggi, come scriveva San Bernardo, decisivo quel Sì! non tacere per umiltà di il tuo Sì, perché dipende tutto da questo. Dipende tutto da te.

L’ umanità attende questo sì. Tutti devono a lei la vita, è madre di tutti gli uomini, nuova Eva. Mi colpisce il fatto che questa decisività di Maria continui a farsi sentire come origine di tutta la storia, della mia storia umana e personale, vocazionale, storia di salvezza, per questa storia di cui sembra essersi assunta lei la responsabilità e il peso, e non da ora soltanto. E, a proposito della missione in Iraq, dicevo, con parole da prendere non proprio alla lettera: non c’entra Gesù Cristo, c’entra la Madonna. È a lei, al suo giudizio, alla sua intercessione, che ho affidato questo percorso, perché Gesù ha affidato alla madre un compito nella Chiesa, di essere e fare da madre. E il suo sì è sempre decisivo.

– Ricordando la preghiera dello studente del beato Luca Belludi alla basilica del Santo, ricordo di aver pensato, mentre leggevo il testo: se l’avesse capito prima! che la preghiera è una cosa così concreta e si può pregare anche per il buon esito dello studio, di un esame, e non è superstizione, non è privatizzare il culto. È parlare ad un amico, chiede aiuto ad un amico. Bello sapere anche che Luca era amico carissimo di Antonio. La preghiera è un “rapporto di amicizia”. Ed è una cosa così concreta che c’entra anche con queste cose. La fede centra con tutto. quanta fiducia, quante  energie riattiva. Così ricordo ai miei Santi e al Signore che ha bisogno di un aiutino per l’arabo. Resta sempre vero però: pregate e studiate senza stancarvi. Quindi non una preghierina e via! Non una ripassatina e via!

-Pregare senza stancarsi. Mi vien anche da pensare: questo è linguaggio profetico e rivelatore di un “grazia ricevuta”, è un invito che è promessa, e che ha già la sua risposta: la grazia di domandare senza stancarsi, la grazia di non stancarsi, è già l’annuncio dell’esaurimento della preghiera. A noi la fatica del lavoro al Signore la grazia del “frutto del grembo” (Sl 127,3). Così come pure bisogna pregare con fede, sapendo di essere già stati esauditi. Questo è un modo nuovo di pensare e di pregare. Perché Dio è previdente e gioca di anticipo, vede e fa le cose prima: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e in vista di lui” ( Col 1,16). Da contemplativi dovremmo sapere vedere le cose così. daremmo speranza al mondo. Potremmo chiamarla fede “visionaria”, un modo diverso di pensare.

Recitare le lodi il mattino è una provocazione continua: cantate, Lodate, Suonate è lui il nostro Dio. Ring out… inizia così il salmo invitatorio che recitiamo a volte in inglese….sembra dire: sveglia! sveglia esci dal sonno dalle tue pigrizie e dalle tue malinconie e rendi Grazie. Da inizio a fine giornata, per tutto, per sempre . Che peccato, che pena la tristezza, che sciupio di doni! che festa la preghiera!

26 novembre

– Non è tempo di pensieri ma di costante, a volte anche , snervante e umile lavoro quotidiano, me lo ricorda oggi anche il pensiero quotidiano 349 di madre Candida che ricevo da Chiara. Sì: Pazienza; il mio canto per oggi! lo scrivevo tempo fa anche all’OCDS. Pazienza: è il dono di Dio di questo tempo e la pazienza è anche una forma di conversione; pazienza è un dono per non perdere la pace, la fiducia, per ritrovarla dopo ogni delusione, per capire non sei tu a condurre il gioco a dettare i tempi. Perché non sarà merito mio imparare questa lingua, mi ripeto sempre, ma me ne devo convincere al punto di non preoccuparmi più di niente.

-Uno dei miei problemi a volte quello di non riuscire a distinguere il sogno dalla realtà, realtà da desiderio. Non ridete! È abbastanza comune, ma è anche così che iniziano le grandi avventure. A volte questo suscita qualche perplessità! Come quando mi pare di sentire la melodia del canone della consacrazione in arabo, il flusso, il ritmo delle parole come un onda da cavalcare, mentre faticosamente ripeto il testo per la lezione quotidiana con padre Paco. Essere ancora tanto lontani dalla meta e sentire già la musica? È la colonna sonora di un film? Non credo, credo piuttosto si tratti di desiderio, che mi sta tenendo inchiodato alla sedia per ore, ogni giorno, da mesi. … neanche per l’esame di maturità, neanche ai tempi dell’università!

-Pensavo e penso che tutto sia, debba essere un “miracolo” della fede, perché la fede può compiere miracoli: se aveste fede come un granello di senape…. Sì, ne sono convinto, ma in che senso? come? quando parlo di fede devo rendermi conto di un fatto: che non posso parlare della mia fede soltanto, perché i miracoli sono il frutto della fede del singolo sostenuta dalla carità del prossimo, di una comunità, e qui è il caso di questa comunità, di padre Paco in particolare, che mi sta portando dove non sarei potuto arrivare da solo. Con la mia fede posso solo chiedere aiuto, l’aiuto che viene dal Signore, che sa attivare circuiti di carità fraterna e alimenta il desiderio che continua a chiedere.

-Alcune cose sono un po’ troppo intime e cerco di distillarle. Alla domanda: la tua è una fuga? la domanda me la pongo io, rispondo: potrebbe esserlo. Nel senso che le nostre motivazioni non sono mai pure al 100%. Santa Teresa di Gesù Teresa racconta di essere entrata in monastero per paura dell’inferno, e pensando tra sé che fosse meglio fare un po’ di purgatorio in terra, cioè in monastero ed evitare l’inferno, salvo poi ravvedersi e parlare della sua prima fondazione di San Giuseppe come di un “angolino di paradiso” in terra.

Allora, fuga? io dico: se la santità è una “passione convertita” ( E. Ronchi ), allora in questa chiamata in cui possono essere rintracciati elementi spuri, purificare non è solo eliminare l’impuro. Il Signore fa leva anche su questo per attirarci, facendoci comprendere strada facendo, ciò che è essenziale, puro.

Una partenza può essere determinata anche da motivazioni “estrinseche”. Il desiderio di cambiare sistema, vita, una sorta di rottura con il proprio passato; questo può essere un una molla, non l’unica. Allora cambiare ambiente, può diventare un’occasione per cambiare più in profondità, rischiando, prendendo il largo, alzando la posta. Una cosa è certa: si devono fare comunque sempre i conti con quello che si è dentro. Ci sono meccanismi “sbagliati”, paure, fragilità, che si ripresentano anche nelle situazioni nuove ed è lì dove uno deve dire non sei qui per rifare gli stessi errori di prima.

-Un posto nuovo è un’occasione per cambiare: i Carmelitani del XI e XII secolo, pellegrini al seguito dei crociati erano partiti lasciando le loro case e le loro terre, il pellegrinaggio era un gesto penitenziale. Essere qui oggi lo è, in certo modo, pure. Essere qui mi ricorda che qui si viene per convertirsi. Il che significa decisione di volere riprendere in mano la propria vita, a rischio anche di perderla.