Detto questo, in conclusione mi pare importante ricordare che il punto di partenza di questo viaggio è stato: primo, la risposta ad un appello ad essere chiesa missionaria, secondo, l’appello al sostegno alla Terra santa e ai cristiani di Oriente. Su queste due indicazioni iniziali, missionarietà e sostegno all’ Oriente, credo non via sia dubbio che siano volontà di Dio. È ciò che la Chiesa sta predicando e praticando in vari modi. Avere grandi desideri, quello che le due Terese, di Avila e di Lisieux, sempre raccomandano, non è deprecabile anzi è da incoraggiare, il danno viene, caso mai, dall’ andare in cerca di se stessi, dall’amor proprio. E allora per togliersi dall’ imbarazzo del dubbio, e Teresa d’Avila insegna a dubitare sempre di sé, un passo in dietro.
E arriviamo così anche ad un accordo di pace con l’ Eterno in questi termini: se togli me, manda qualcun altro, magari in condizioni migliori delle mie, anche perché credo qui serva gente giovane, che, se viene da fuori, possa realmente integrarsi, e questo richiede una lunga preparazione. Per questo il mio patto prevede: vocazioni (maschili e femminili) per la Terra santa e l’Oriente cristiano e con questo intendo anche, da parte mia, un impegno specifico. Sarà da vedere come. Io il “segno”, che era quello che immaginavo di potere essere in un ambiente difficile come quello iracheno, lo posso fare ovunque, per la stessa logica del segno. E anche come pendolare e nelle retrovie. Alla fine credo che anche il mio rientro potrebbe essere un guadagno, per la Chiesa e anche per me, se amo la Chiesa.