Kaslik (Agenzia Fides) – “Papa Giovanni Paolo II e il Libano come messaggio”. E’ questo il titolo del Simposio di tre giorni in programma presso l’Università dello Spirito Santo di Kaslik (USEK), a partire dal prossimo 2 febbraio. Alla sessione inaugurale del Simposio sono previsti gli interventi dell’Abate Neemtallah Hachem, Superiore generale dell’Ordine Libanese Maronita, di Farid el Khazen, Ambasciatore del Libano presso la Santa Sede, e dell’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con Gli Stati della Segreteria di Stato vaticana.
Da settimane alcuni media in Libano e nel resto del mondo puntano i riflettori proprio sulla partecipazione al Convegno dell’alto rappresentante vaticano. Secondo alcune interpretazioni mediatiche banalizzanti, la trasferta dell’Arcivescovo Gallagher in terra libanese servirebbe principalmente a “sondare il terreno” in vista di una prossima visita di Papa Francesco nel Paese dei Cedri. In realtà, se si considerano i contenuti e i promotori del Simposio, e la stessa istituzione ospitante, conviene prendere atto che esso assume portata “strategica” ben più rilevante, nel contesto della drammatica fase storica attraversata dalla Nazione libanese.
L’intero Simposio guarda alla vicenda del Libano a partire dal rapporto tra il Pontificato di Giovanni Paolo II e il Paese dei Cedri, con l’attenzione focalizzata soprattutto sulla Esortazione apostolica post-sinodale “Una speranza nuova per il Libano”, firmata da Papa Wojtyla a Beirut il 10 maggio 1997, in occasione della sua visita apostolica in terra libanese. Nel 2022 cadono i 25 anni dalla pubblicazione di quel testo chiave. Nella confusione e nell’incertezza che avvolge il presente, in un Paese stremato dalle paralisi istituzionali e dalla crisi economica, i Patriarchi e i Vescovi delle Chiese cattolica cercano punti di riferimento nel passato, e hanno voluto dare risalto alla ricorrenza commemorativa di quel documento, nato in un tempo di speranza, quando in Libano sembrava ormai concretizzarsi in forma stabile una fase di rinascita, dopo gli anni feroci della guerra civile. “Il Libano” aveva scritto Giovanni Paolo II ai vescovi cattolici libanesi il 7 settembre 1989, quando il conflitto fratricida era ancora in atto “è qualcosa di più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente”. Anche in quella lettera e in quella stessa formula del passato, che ha tanto colpito i libanesi e riecheggia anche nel titolo del Simposio, i responsabili delle comunità cattoliche locali continuano a cercare una bussola che li orienti nel confuso e inquietante presente. I numerosi relatori, molti dei quali, per motivi anagrafici, hanno ricordi personali anche del tempo tragico della guerra civile, articoleranno i loro interventi in quattro sessioni, focalizzando l’attenzione sul percorso storico della nazione libanese e anche sulla peculiarità delle relazioni islamo-cristiane nel Paese dei Cedri. Nella quarta e ultima sessione, si proverà a agganciare la formula wojtyliana del “Libano-Messaggio” alle suggestioni e prospettive ispirate dal Documento sulla Fratellanza umana, sottoscritto a Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e dallo Sheikh sunnita Ahmed al Tayyeb, Grande Imam di Al Azhar.
L’Università dello Spirito Santo, sede e ente patrocinatore del Simposio, Ateneo dell’Ordine Maronita Libanese, è un presidio storico dell’identità maronita, anche dal punto di vista degli studi teologici. Kaslik si trova in prossimità della Sede del Patriarca maronita, e negli anni della guerra civile divenne anche una base di difesa militare nel Libano dilaniato dagli scontri settari.
(GV) (Agenzia Fides 28/1/2022)