Madonna dei Rimedi: una devozione lunga mille anni
Correva l’anno 1064 quando Ruggero d’Altavilla, a capo dell’esercito normanno, sbarcava in Sicilia e si preparava a porre l’assedio a Palermo, da due secoli sotto il dominio arabo.
Secondo il racconto di Goffredo Malaterra, (sec. XI ), riportato da Antonio Mongitore (sec. XVIII), accade che, mentre le truppe erano accampate sul monte Tarantino, l’esercito fu assalito da ragni velenosi; davanti a queste difficoltà il conte normanno si rivolse alla Vergine chiedendo aiuto; la preghiera fu accompagnata dalla promessa di edificare una chiesa in suo onore sotto il titolo di Santa Maria dei Rimedi.
La Vergine non lasciò inascoltata quella supplica, e apparendo suggerì di accendere dei fuochi che avrebbero tenuto lontani i ragni. Debellata la piaga e vinto il nemico, l’esercito normanno entrava trionfalmente a Palermo, nel 1072 , e il conte Ruggero poteva edificare la chiesa promessa in voto.
Passati alcuni secoli e varie dominazioni, la Sicilia era entrata tra i possedimenti della corona spagnola e, a Palermo, governava come viceré don Giovanni Fernandez Paceco, che chiamò, da Roma, il carmelitano scalzo Domenico di Gesù Maria.
L’arrivo di padre Domenico aprì la possibilità di una fondazione del Carmelo scalzo in città: il viceré si sarebbe impegnato a versare la somma per l’acquisto del terreno per la nuova fondazione, adiacente l’antica chiesa Normanna. L’opera ebbe inizio con la posa della prima pietra della nuova chiesa e del convento, il 25 aprile 1610. Con la nomina del nuovo Viceré don Pietro Giron, nel 1611, si acuirono alcune difficoltà: se infatti, la presenza di una chiesetta nelle immediate vicinanze delle mura cittadine e del palazzo reale, era stata fino ad allora giudicata tollerabile, non lo era certo il grande complesso richiesto dai carmelitani, che sin da subito fu causa di contrasti e discussioni, essendo quella costruzione ritenuta pericolosa dal consiglio di guerra.
Don Pietro diede ai Carmelitani sei giorni affinché interrompessero la costruzione e cercassero un altro luogo, dentro o fuori le mura. Chiamatela suggestione o intervento divino, ma la notte prima del previsto sgombero il viceré andò a dormire tra “dolori di stomaco, oppressione d’animo ed effervescenza al cuore”.
È allora che, secondo quanto si narra, intervenne la Vergine apparendogli in sogno per convincerlo sulla opportunità di proseguire i lavori, con le parole: “Ancora , o viceré, oserai cacciare via i miei figli da quel luogo già sotto la mia protezione? Forse io non valgo assai di più da poter difendere il tuo palazzo e la città da qualunque attacco nemico?”
Le parole sortirono l’effetto desiderato: immediatamente i precedenti ordini furono revocati e il viceré in persona si prodigò affinché il complesso conventuale fosse completato al più presto. Nel 1625 si poteva inaugurare la chiesa.
L’edificio, a croce latina, realizzato su disegno di Mariano Smeriglio, si presenta con un prospetto a doppio ordine di lesene, completato da un timpano triangolare; ritmano la superficie della facciata eleganti finestre intervallate da nicchie, quelle superiori ospitano le statue di s. Teresa e di s. Giuseppe con il Bambino Gesù; di particolare eleganza il portale d’ingresso, con timpano spezzato, di ispirazione gaginesca.
L’interno è a unica navata con quattro profonde cappelle per lato. Il transetto molto ampio, con due cappelloni, dedicati a s. Teresa di Gesù e s. Giovanni della Croce, si incrocia con la navata ed è coronato da una falsa cupola.
Tra le opere, in gran parte perdute, che ornavano le cappelle, vale la pena ricordare il dipinto di Pietro Novelli, raffigurante Madonna con il Bambino e i santi Gioacchino e Anna; dello stesso autore anche il Ritorno della sacra famiglia dall’Egitto, ora al Museo Abatellis di Palermo, temi iconografici attinenti all’infanzia di Gesù, devozione particolarmente cara alla tradizione carmelitana; strettamente teresiano e celebrativo dell’inizio della Riforma degli Scalzi il Martirio di San Bartolomeo, tela attribuita al fiammingo Gugliemo Wasgaert, ora in deposito al Museo Abatellis, in ricordo della fondazione del primo monastero di monache scalze ad Avila, avvenuto la notte del 24 agosto, festa di san Bartolomeo.
E ancora, temi mariani: una Madonna del Carmine, una Immacolata concezione, ora conservata alla Abazia di san Martino delle Scale a Monreale, che raffigura l’Eterno Padre nell’atto di dipingere la Vergine su una tela sostenuta dai santi Gioacchino e Anna; in una una delle cappelle laterali era venerata l’immagine in marmo della Madonna dei Rimedi, raffigurante una Pietà, come risulta da una stampa settecentesca conservata al Museo Diocesano di Monreale.
Sotto la finta cupola si trovavano quattro colossali statue degli evangelisti, andate distrutte e sostituite già a metà ottocento, al tempo del generale restauro, con affreschi degli Evangelisti, nei pennacchi.
Nella cappella di santa Teresa si poteva ammirare una Trasverberazione di santa Teresa opera di Rosalia Novelli, figlia del Pietro Novelli, oggi nella sala capitolare del convento; nella cappella di san Giovanni della Croce vi era una tela del santo, opera di Olivio Sozzi, qui collocata nel 1734, oggi conservata nella chiesa del Carmine a san Giuseppe Iato, in provincia di Palermo; in sacrestia una tela di Mattias Storm, raffigurante San Giuseppe.
Al restauro della chiesa del 1854 seguì la chiusura nel 1866, in ottemperanza alle leggi sulla soppressione degli ordini religiosi, emanata dal governo del Regno d’Italia. La chiesa, confiscata, divenne deposito e scuderia della attigua caserma, che occupava i locali dell’ex convento, confiscato; gli arredi, venduti o passati nei depositi dei musei civici. Solo dopo il secondo conflitto mondiale, su interessamento del card. Ruffini, arcivescovo di Palermo, e qui sepolto presso l’altare della Madonna, la chiesa fu affidata ai Carmelitani scalzi, e poté riaprire al culto il 15 ottobre 1949.
Fu lo stesso card. Ruffini, nel 1950, a donare al santuario una statua della Madonna con bambino, opera gaginiana del XVI secolo, ora collocata nel cappellone del transetto, a destra. Nel 1951 veniva realizzata la Via crucis marmorea; il 16 maggio 1953, il cardinale elevava il tempio a santuario mariano diocesano. Nell’anno mariano 1954 veniva realizzato l’attuale monumentale altare marmoreo del capellone di destra, che accoglieva la statua della Vergine; e successivamente l’altare dedicato a san Giuseppe, nel cappellone del transetto, a sinistra. Il 30 settembre 1962 veniva inaugurato l’altare maggiore con le statue in marmo di santa Teresa e di san Giovanni della Croce. Negli anni, il santuario veniva arricchito da pregevoli opere d’arte, donate dopo il ritorno dei Carmelitani: nel presbiterio si ammirano due tele Sposalizio di Maria e Giuseppe e Presentazione di Maria al tempio, di Olivio Sozzi, opere del XVIII secolo, e nelle cappelle laterali alcune pregevoli tele sei e settecentesche.
Il sisma del 2002 colpì duramente la chiesa: i danni subiti ne hanno limitato per anni l’uso richiedendo interventi di consolidamento e un generale restauro che sta per essere concluso e che potrà restituire nel suo splendore, alla città e alla comunità dei Carmelitani, il Santuario mariano molto frequentato e servito dai religiosi, ricercati per le confessioni e la guida spirituale. La festa liturgica si celebra l’8 settembre, Natività della B.V. Maria.