Bkerké (Agenzia Fides) – La consacrazione e inaugurazione della Cattedrale di Nostra Signora d’Arabia, nel Regno del Baharain, è un potente “segno dei tempi”. Esso rende manifesti i frutti del dialogo tra cristiani e musulmani, e conferma l’atteggiamento di crescente apertura e sostegno alla convivenza tra diversi da parte del Sovrano bahrainita e da altre autorità dei Paesi del Golfo Persico. Lo ha rimarcato il Patriarca maronita Béchara Boutros Raï, concludendo l’omelia durante la celebrazione eucaristica da lui presieduta domenica 12 dicembre a Bkerké, nella chiesa della sede patriarcale. Il Cardinale maronita ha aggiunto alle sue espressioni di rallegramento per le buone notizie giunte dal Golfo Persico, anche commenti venati di rammarico in merito alle pulsioni settarie che oscurano l’esperienza storica di convivenza tra fedi diverse nel Paese dei Cedri: “Sarebbe auspicabile che i libanesi, la cui Patria si è posta come modello per la convivenza delle fedi, facessero rivivere questo grande messaggio, invece di pugnalarlo ogni giorno. Mentre la formula libanese sta fiorendo in altre parti del mondo – ha rimarcato il Patriarca maronita – essa non dovrebbe venir meno nella sua terra madre, il Libano”.
Durante la sua omelia, nei passaggi riservati – come è ormai suo costume – alla situazione politica e sociale del Paese, il Patriarca ha anche deplorato le tattiche politiche che stanno di fatto ostacolando il lavoro del governo guidato da Najib Mikati, impedendo così all’esecutivo di sviluppare in maniera proficua i colloqui avviati con il Fondo monetario internazionale e così sbloccare gli aiuti esteri indispensabili al Paese per provare a uscire dal disastro economico in cui è sprofondato.
Il governo libanese guidato dal musulmano sunnita Najib Mikati ha ottenuto la fiducia del Parlamento lo scorso 20 settembre, ma non si riunisce dal 12 ottobre. La nuova impasse – rilevano gli analisti – è dovuta a contrasti e veti incrociati tra le forze politiche in merito alle indagine sulla catastrofica esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 nel porto di Beirut, indagini che hanno messo nel mirino esponenti politici legati in gran parte al Partito sciita Amal, guidato dal Presidente del Parlamento Nabih Berri.
Nell’omelia, il Cardinale Raï ha espresso critiche dure anche al progetto di legge sul controllo dei capitali proposto dal governo e inviato al Parlamento per l’approvazione. Tale provvedimento – ha sottolineato il Patriarca – avrebbe l’effetto di saccheggiare i conti dei libanesi depositati nelle banche, con il pretesto di “spalmare” il deficit per salvare le banche indebitate. Il fatto di tenere i soldi in banca – ha chiesto con sarcasmo il Patriarca – rappresenta forse una colpa che li rende corresponsabili delle perdite?” Ormai i libanesi – ha proseguito il Patriarca maronita, descrivendo con immagini angoscianti la situazione del Paese – “non hanno la possibilità di andare da un dottore. Le medicine prescritte dai dottori non si trovano nelle farmacie, nei dispensari, negli ospedali e nemmeno al Ministero della Salute. I farmaci per le malattie croniche e incurabili evaporano prima di raggiungere i malati e le persone muoiono nelle loro case, per le strade e davanti alle porte di ospedali e ministeri. Questa è una situazione catastrofica che il Libano non ha mai conosciuto nella sua storia”.
Nella sua omelia, il Patriarca ha espresso anche valutazioni articolate riferibili alle controversie sorte intorno al decreto con cui il ministro del lavoro, Mustafa Biram, ha aperto ai profughi palestinesi presenti in Libano l’accesso al mercato del lavoro, in settori che finora erano rimasti per loro inaccessibili.
In Libano vivono 190mila profughi palestinesi che, per legge, non hanno la possibilità di svolgere molti lavori, a partire da quelli accessibili alle categorie professionali dei medici, degli avvocati e degli ingegneri. Il ministro ha spiegato che il suo decreto non punta a cambiare la legge, ma solo ad attenuare gli effetti della crisi sui profughi.
Il Cardinale Rai, nella sua ultima omelia domenicale, ha affermato la propria vicinanza a sfollati e rifugiati, e nel contempo ha richiamato l’attenzione sul fatto che “la responsabilità di prendersi cura di questi fratelli appartiene alle Nazioni Unite” attraverso l’UNRWA (per i palestinesi) e l’Alto Commissariato per gli sfollati siriani (per i profughi arrivati dalla Siria). “Il Libano” ha rimarcato il Patriarca maronita “non è in grado di garantire i diritti di quasi due milioni di profughi e sfollati. Chiediamo per loro, nel rispetto della loro dignità, una vita normale, e che i Paesi arabi e il mondo trovino una soluzione definitiva alla questione palestinese, al di fuori del Libano, e sostengano il rapido rientro dei rifugiati siriani nel loro Paese”. (GV) (Agenzia Fides 13/12/2021).